lunedì 23 aprile 2012

Tra  febbraio e marzo 1972 si consuma negli Stati Uniti l'ultima avventura live dei primi King Crimson, che pochi mesi prima avevano fatto uscire Island, probabilmente il più controverso e geniale album della loro produzione. Un album per liceali, lo etichettò Riccardo Bertoncelli, allora guru di Ciao 2001, probabilmente il più influente critico musicale di quella generazione, immortalato poi con cattiveria da Guccini nella sua Avvelenata di qualche anno dopo. Io, che da liceale lo avrei ascoltato un paio di anni dopo, naturalmente lo apprezzai e lo amai. Come lo amo tuttora, beandomi del mio essere (stato?) liceale. Ma non è di Island che voglio parlare adesso, perché i suoi quarant'anni li ha compiuti nel 1971 e magari ne riparleremo quando ne avrà cinquanta e sarà ancora una pietra miliare della Progressive. E non solo. Invece, tornando a quell'ultima tournée, fatale per il definitivo sfaldamento del gruppo, ormai già privo delle parole e delle suggestioni visive dell'immaginifico Sinfield e con un Fripp sempre più ripiegato su se stesso e ormai proiettato verso nuove frontiere musicali e cerebrali, la casa discografica approfittò dell'occasione per mettere insieme il primo disco live dei King Crimson. Ecco nascere quindi Earthbound. Come vogliamo tradurre il titolo? Terrestre,  mediocre, terra terra. Ecco, credo che Fripp quando uscì il disco, che lui da perfezionista qual è non avrebbe mai accettato, abbia voluto proprio dargli la nostra classica definizione di "terra terra". Con quella sua copertina nera e poche indicazioni, era proprio il. peggior testamento che i King Crimson potessero lasciare dopo la morte del gruppo. Senza sapere, allora, che sarebbe stato solo il primo degli addii. Pessime registrazioni, alcune fatte nel retro del camion  della strumentazione all'esterno del palco, con incredibili rumori di sottofondo. Un disco uscito nel giugno 1972 quando ormai la separazione era stata attuata, pubblicato dalla Island direttamente in una collana economica perché il pubblico dei fedelissimi crimsoniani non potesse dichiararsi ingannato del tutto. Disco orribile, fu giudicato allora dai puristi del suono. Un marchio indelebile, avallato anche dalla presa di posizione di Fripp che non avrebbe permesso la ristampa dell'album fino a pochi anni fa, quando il disco è stato finalmente riprodotto in digitale su cd. Meglio di Earthbound, tanti altri bootleg crimsoniani per eliminare i quali Fripp avrebbe speso (e ci avrebbe fatto spendere poi) soldi e tempo. Ma è davvero così? Io comprai, credo nel 1973 massimo 1974, Earthbound dal mio compagno di liceo Sandro, che non vedeva l'ora di sbarazzarsene. Lo comprai per poco, chessò forse neanche mille lire quando gli Lp costavano 3.500 lire. Avevo iniziato da poco la mia "carriera" di collezionista, i King Crimson erano diventati il mio gruppo preferito e Robertino Fripp, allora Bob,  era per me già il più grande di tutti. Non lo avrei mai più abbandonato. Lo dico subito: a me Earthbound piacque dal primo momento. Forse perché il mio giradischi di allora non era un mostro di perfezione e io tutte quelle impurità sonore non le notavo troppo, ma  fin da "Schizoid man" avvertii qualcosa di incommensurabilmente diverso. Non erano i soliti King Crimson, non erano i dolci King Crimson che mi avevano ammaliato con Epitaph, Cadence and cascade, Lizard, Island. E infatti il gruppo era il più strano di quella prima avventura: Fripp, il bassista Boz Burrell, il percussionista Ian Wallace e il sassofonista Mel Collins. Le furiose improvvisazioni di sax e batteria con  imprevedibili deviazioni  funk e gli splendidi assolo di Fripp, nonostante tutto ispiratissimo, hanno consegnato alla storia un live "tosto assai", come si direbbe adesso, nella sua sua scheletrica ed elettrica essenzialità. Biglietto da visita, a risentirlo con il senno di poi, della poetica musicale crimsoniana di fine millennio.      

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